“Saranno state le 18.45. O forse no, le 18.47, quando udii un urlo provenire dalla sala bar dell’hotel e un tonfo a seguire. E dopo, il fragore dei vetri che si rompono!” – riferì Gastone IV al sergente del commissariato di Prè che stava indagando sull’incidente occorso alla contessa Matilde di Campomorone vedova Marconi.
Gastone IV era maître d’hôtel così come lo furono suo padre, suo nonno e suo bisnonno, il quale pare fosse addirittura imparentato con una lontana pronipote di quel François Vatel che, a metà del 1500, intendente alla corte del Principe di Condé, dopo aver organizzato un ricevimento fastoso in onore del Re al castello di Chantilly, si accorse che il pesce non era sufficiente ad accompagnare le libagioni degli autorevoli convitati. Tale fu l’onta che, al fine di non doverne rendere conto ad alcuno, Vatel si suicidò.
Gastone IV si era formato su alcuni testi classici i quali, a loro tempo, avevano modernizzato quel che basta una professione ancorata a tanto nobili lignaggi quanto ad immobili pratiche: il “Trattato dell’industria alberghiera” del maître Louis Leopso del 1918 e la benemerita e imperitura opera collettiva “Il Servizio al ristorante” del 1948.
Gastone IV aveva solcato le più incredibili sale dei più lussuosi hotel europei prima di finire in quel tre stelle rabberciato che si affacciava scrostato, come i suoi antichi splendori, di fronte alla sopraelevata lungomare. L’hotel era ancora frequentato da alcuni discendenti di antiche famiglie nobiliari, ampiamente decadute, dell’entroterra genovese. Matilde era una di queste: suo marito l’aveva prematuramente lasciata dopo essersi giocato al casinò di Sanremo l’ultimo servizio di porcellana non ancora pignorato. Il suo corpo venne ritrovato alcuni anni dopo, orridamente dilaniato, dietro un cespuglio della villa del suo sodale, il marchese Arfatti di Torriglia. Il conte Marconi si era introdotto furtivamente nella villa dell’amico, di cui conosceva a menadito ricchezze in bella mostra e nascoste, senza rammentarsi del fatto che il marchese, poco tempo prima, aveva sostituto il rimpianto barboncino Cosimo VIII con due american pitbull terrier.
Così, quella sera, la contessa venne ritrovata con la faccia riversa sul pavimento e il collo di una bottiglia di Pommery ”Pop”, champagne da cl 20, tra le mani e tutti i vetri sparpagliati per terra. Anche gli scaffali del bancone del bar si erano pericolosamente inclinati e tutte le dieci bottiglie di Fernet Branca e le otto di Amaro Lucano si erano rovinosamente accatastate una sull’altra e, rompendosi, avevano sparso il loro liquido sull’antico pavimento di gran fattura, interamente composto da mogano centroamericano, donato agli inizi degli anni ’60 dal duca conte Francisco Amarillo de la Guardia, risaputo bevitore del Rum Agricole Martinique di Neisson.
Senza alcun indugio, Gastone IV si precipitò nella sala bar e, dopo un attimo di panico sapientemente gestito grazie all’autocontrollo imposto dal ruolo e da un durissimo praticantato sotto la guida di un famoso maestro di Budo Yoseikan, si appurò che la contessa Matilde fosse ancora in vita. Chiamò prontamente l’ambulanza e poi la polizia che gli chiese gentilmente di seguirlo al commissariato.
Il giorno seguente il sergente Ambrosi, a cui era stato affidato il caso, si recò in ospedale per appurarsi delle condizioni di salute della contessa Matilde di Campomorone e per chiederle di testimoniare quanto successo.
Questo è il testo della deposizione della contessa:
“Era poco prima di cena, non ricordo più l’ora: mi ero appena cambiata per uscire con alcune amiche che sarebbero passate di lì a poco. Siccome era ancora presto, decisi di farmi un goccetto. Avevo lasciato nel frigo del bar alcune bottigliette di champagne, come si chiama…, quello che ha il vetro blu… Comunque non importa. Non riuscivo a stapparlo! Lo scrollavo, gli tiravo il collo, lo mettevo a testa in giù, insù, di fianco e poi ricordo solo un botto e quindi più nulla.”
Dalla tumefazione dello zigomo pare per certo che il tappo abbia colpito violentemente la faccia della marchesa. Ella, perdendo l’equilibrio, sbatté violentemente la testa contro il pavimento, svenendo. Il tappo, seppur variando la sua traiettoria e mantenendo una forza inusitata, andò ad impattare contro il reggi mensola della scaffale superiore provocando il crollo dello stesso e, a catena, degli altri inferiori.
Oggi la contessa Matilde di Campomorone lavora gratuitamente, come cameriera ai piani nell’hotel, che la ospitava sino a poco tempo prima, per poter ripagare i danni recati al prezioso pavimento. Alcuni ospiti l’hanno vista, tra una camera e l’altra, sorseggiare un pignoletto vivace con tappo a corona.
Prima foto tratta da http://www.art-de-vivre-a-laremoise.com/piper-heidsieck-le-champagne-des-stars-la-star-des-champagnes/
Le maitre d’hotel è tratto da BnF gallica