Cos’è uno scandalo?

Ora, le Sirene hanno un’arma

ancora più terribile del canto,

cioè il silenzio.

Franz Kafka (Quaderni in ottavo, 1916/18)

Diciamo che i pretesti per questo breve testo ci sono, e molti. Non tocca a me fare gli esempi, né tantomeno riportare alla luce quanto avvenne in tempi recenti. Per cui passo la penna ad un grande scrittore e semiologo francese, Roland Barthes, dove,  pur parlando di altro (il caso Lacaze) e in tempi che furono, racconta anche di noi e di questi giorni. Ho lasciato quello che per me è l’essenziale. barthes3

«Al di sotto di un certo reddito, un caso giudiziario è sempre un semplice fatto di cronaca. Perché ci sia scandalo, è necessario un Minimo Dividendo Garantito. (…) Come in ogni letteratura popolare, la ricchezza permette al romanzesco di proliferare smisuratamente. (…) La funzione dello scandalo è di essere uno spettacolo del mistero, l’intrigo è allo stesso tempo l’essenza e la forma che ne giustificano la notorietà. Dal punto di vista del mito, qui tutto è indifferente al raggiungimento della verità o di una conclusione, conta solo lo spessore della matassa. Per esempio, senza alcuna ragione gli accusati diventano accusatori, e i testimoni imputati; nessuno sfugge a questo moto circolare che il tempo non ferma mai. Questa confusione è la definizione stessa di un mistero dell’essere; sospende il manicheismo solito dei fatti di cronaca nera, in cui è ammesso che sospettati e poliziotti non si scambino mai i ruoli. Non ci sono più tabù, e dunque non vi è più ordine: è un moltiplicarsi senza fine di parti civili, come in una sorta di mosca cieca. (…) Perché la complessità è voluminosa. Il caso si definisce come una sostanza sisifea, che logora con la forza dell’elasticità; sperare di risolverlo o di portarlo a termine è un atto di eroismo, un’impresa sportiva… il Giudice è nel contempo Cavaliere della Verità e Maratoneta. Ma contro chi lottano tutti, questi giudici, questi testimoni, questi accusatori? Che cos’è che li sfinisce? E’ la Parola. Il testimone nuovo e misterioso che spunta fuori è prima di tutto presunto portatore della Parola: se acconsente a parlare non ci sarà più alcun mistero; questa Parola è in lui come un carica che non esplode mai, ma la cui presenta irradia, provoca la crisi di nervi. (…) E’ proprio questa la sua funzione collettiva: rappresentare continuamente l’indecifrabile. E’ la sua stessa “complessità” ad essere mitica; tutto qui alimenta intenzionalmente una forma, tutto si sottomette all’immagine di un ordine barocco, da cui il lettore è escluso. Con un paradosso che è la sua verità, il fatto di cronaca allontana da sé i suoi consumatori, l’informazione disinforma, il reale diviene irreale. Ora sappiamo che cos’è uno scandalo: è essenzialmente una cosa alla quale non si partecipa. Non solo ciò che occupa la scena è spettacolo, ma anche ciò che respinge lo spettatore nell’ombra della galleria o della platea, che lo convince dell’esistenza di una distinzione naturale tra quello che vede e quello che è, tra quello che capita e quello che gli capita. Lo scandalo è costituito da questa alterità mitica, che fonda l’Avvenimento come un ordine intoccabile e lo separa fatalmente dalla coscienza.»

Roland Barthes, Che cos’è uno scandalo?, “Lettres nouvelles”, 4 marzo 1959, in Roland Barthes, Miti d’oggi, Einaudi, Torino 1994, pp. 241 – 244; Edizione originale: Roland Barthes, Mythologies, Editions de Seuil, Paris 1959.