VUOTO 17. Di Alice in Wonderland

vuoto-universo-620x350Il pendolarismo è una brutta bestia. Ma ha degli aspetti interessanti. Per esempio due posti da chiamare casa. Si raddoppiano i comodini e le letture. Si raddoppiano le cantinette e le bottiglie. Sono i libri e i vini stessi a scegliere dove essere letti e sorseggiati. E così, a volersene accorgere, è un fiorire di intrecci fantastici.  Perché saremo anche monadi, ma siamo anche il risultato dell’infinita rete di relazioni nelle quali ci ritroviamo, per nostra fortuna o nostro malgrado. A Roma ha scelto di restare l’Irene Nèmirovsky di Suite Francese e a Castelnuovo mi accoglie l’Arturo Bandini di “La strada per Los Angeles”, che non è l’Arturo Bandini di “Chiedi alla Polvere” e non è neppure John Fante. Entrambi questi libri sembrano perfettamente a loro agio dove sono. La signora Nèmirovsky nel pozzo silenzioso della notte blu regala sussurri, sussurra anche quando descrive la morte, anche quando evoca il dolore e non solo quando ironizza sui finti intellettuali e la messa in vendita di loro stessi. E’ realista, Irene, anche un po’ cattiva a volte, e ne ha, se vogliamo, ben donde. Ma è sempre elegantissima, nella scelta delle parole, nella scelta delle immagini. Entrambi questi libri non solo sono perfettamente a loro agio dove hanno scelto di essere, chi nella casetta di città, chi nei 37 mq di campagna, questi libri si fanno concedono alla lettura con noncuranza, come se di esser letti a loro non importasse affatto. Così come le due bottiglie che ho casualmente trovato aperte nelle due case erano lì come se di esser bevute non avessero alcuna smania e forse alcuna voglia. Brunello, stesso produttore, stessa annata. A Castelnuovo era lì, aperta da quindici giorni. Arturo Bandini s’era perso nei voli pindarici supportati da vasta filosofia d’autodidatta e dai risultati dell’assidua fruizione della biblioteca della sua città, s’era involato nel suo colto turpiloquio e nei lucidi vaneggiamenti sorretti dal buon uso dei congiuntivi, e m’aveva invitato a bere un sorso, mentre smontava dal turno dall’odiata fabbrica di sgombro. Quindici giorni, Arturo, che ci vuoi mai trovare? Esattamente lui stesso in forma liquida. Scuro e profondo, dal timbro tenorile, ricco di tanto e in qualche momento quasi di troppo, da non riuscire a registrarlo, da non riuscire a comprenderlo, faticando nel seguirlo, sfiorandolo sulla spalla e di quel contatto conservare un’impressione bella, tattile. newtons_cradle_animation_bookAnche Irene mi invita ad avvicinarmi a lei con un calice. La prima bottiglia a portata di mano è la stessa di cui ho conosciuto già.  Ma non è la stessa. La primavera scalpita, con classe, la primavera è un fiore, volteggia come una graziosa ginnasta, sussurra come Irène, e tra i nastri di raso lascia intravedere i muscoli ben torniti, lascia che l’energia si diffonda lentamente e con forza. Un castello di destini incrociati è quello che ora formano le due piccole case, mi sento in un rito esoterico, in uno scenario onirico, immagino me come fossi un segnalibro, e un occhio segue Arturo e il cuore si dà pena per le sue scelte nichiliste, e un braccio prende Irène sottobraccio e insieme a lei osserva la piccolezza di cui è capace l’animo umano e Irène assaggia il vino di Bandini e non le piace, è scuro, è lungo, è grave e lei quando parla di cose scure e lunghe e gravi vuole innaffiarle di grazia e leggiadria. E Arturo, che direbbe Arturo del vino di Irène? E quando Arturo sarà andato a prendere il treno per Los Angeles e Irene si sarà persa nelle cantine di Borgogna, quando delle due facce di quella stessa liquida medaglia sarà evaporato anche il fondo, chi saranno i prossimi compagni delle notti solitarie?

la prima foto è tratta da gadgetblog, metre la seconda da wikipedia