Nuova lettera al Direttore!

Stimatissimo direttore,

mi chiamo Aquila Perplessa e faccio parte di un nutrito gruppo di Indiani Metropolitani d‘area laziale che, dopo aver dissotterrato l’ascia in quel leggendario 1977 e averla riposta nella sua custodia pochi anni dopo, sconfitti da quel lurido porco di John Chivington reincarnatosi nella corrente dorotea della Democrazia Cristiana e nel centro vitale del Compromesso Storico, abbiamo deciso di fuggire dalla futilità consumistica metropolitana, dalle sue logiche produttive, insane, mefitiche, fetenti, per dirla con una parola, e di vivere a contatto sia con Madre Natura che con il Grande Spirito del Popolo Nativo nei fitti boschi di querce e castagni dell’Appennino centrale.

La tribù, composta da una ventina di persone, è accudita dalla più grande e autorevole guida spirituale e sciamanica che sia apparsa negli ultimi cento anni nell’emisfero sud-occidentale della penisola italica: la Scimmia Coricata. Ella ci dispensa sapientemente, con grande e amorevole cura, le droghe di cui abbisogniamo e tra queste splende, in tutta la sua potenzialità mistica e ideale, il Peyote. Noi, come lo fu per Aldous Huxley, vediamo ciò che vide Adamo il giorno della Creazione – il miracolo, attimo per attimo, della nuda esistenza (…) Essere, Consapevolezza, Beatitudine – per la prima volta compresi (…) in modo preciso e completo a che cosa si riferivano quelle sillabe prodigiose. Desideravo ardentemente essere lasciato solo per l’Eternità dentro un fiore.

Di tanto in tanto scendiamo nella Capitale per compiere qualche piccolo furtarello così da approvvigionarci dell’utile e del dilettevole. Rimanga tra di noi e i suoi sei lettori, ma la compagna dello sciamano, la Tigre Disincentivata, è grandemente appassionata di un profumo, il Guerlain Coque d’Or che costa, spicciolo più e spicciolo meno, 17.000 dollari. Non le nascondo, caro direttore (credo che oramai abbiamo raggiunto completa e sintonica complementarietà spirituale), che una delle altre ragioni che ci spinge a calare nell’Urbe è legata ad Internet, alla rete, alla spasmodica necessità di sapere cosa accade ai nostri fratelli Algonchini, Apache, Arapaho, Cherokee, Cheyenne, Chippewa, Comanche, Creek, Crow, Hopi, Irochesi, Kiowa, Navajo, Nez-Perces, Piedi Neri, Seminole Shoshoni, Sioux Uroni, Inuit, Apalachee.

Alcuni mesi fa, non ricordo più come, mi imbattei nel suo blog e in alcuni articoli da Lei magistralmente scritti. Iniziai, così, a leggerli uno ad uno sinché non mi sentii davvero bene, quasi fossi tornato nel Brodo Primordiale del Grembo Materno. Ne stampai diverse copie che diedi puntualmente al nostro sciamano il quale, preso anch’esso dal vortice della Parola che Intontisce, decise di leggerli ogni sera dinnanzi al Sacro Fuoco della Piccola Radura. Poco alla volta, e fu questa la cosa davvero stupefacente, la lettura dei suoi articoli sostituì gli effetti allucinogeni del Peyote di cui ora, con grande giubilo e risparmio, non abbiamo più bisogno. Mi capitò, addirittura, qualche settimana dopo, di incontrare il mio vecchio medico del SERT: “non ti ho mai visto così bene, pulito, rilassato, in piena forma muscolare e celebrale (sempre che te ne sia rimasto qualche brandello di cervello – questo sottovoce)” – disse abbracciandomi. Ricambiai e, con fare fermo e sicuro, risposi: “Leggo lo Stara!” “Eh???!!??” – fece il dottore. Allora gli raccontai tutto e pare che ora, alla AUSLLL di Ostia 3, vogliano portare una sperimentazione di disintossicazione guidata, anche se con altri effetti collaterali para-allucinogeni, grazie ai suoi articoli.

Ci venga a trovare Direttore, magari con una nuova produzione di scritti!

Devotamente Sua

Aquila Perplessa

 

Stimatissima Aquila Perplessa,

ho ancora gli occhi gonfi di lacrime a leggere questa Sua. Così come lei si è mostrata in tutta la sua illuminazione immateriale, allo stesso modo non posso che gioire di fronte al rinnovato impegno di congiungere filosofia e psicanalisi, scienza e volontà, psichismo e religiosità, pasta e fagioli e lambrusco, meglio se rifermentato in bottiglia. Sapere, poi, che i miei scritti giocano la loro partita a scacchi tra visioni, allucinazioni e terapie di recupero rende il sottoscritto, mi creda, un uomo decisamente migliore. In attesa di venirla a trovare, ho scelto per me un nome che mi renda parte, seppur da lontano, del vostro allegro clan: Ippopotamo Arruffato. Ma accetto suggerimenti.

E come dicono i nostri amici irochesi: scan noh!

Il direttore, alias Ippopotamo Arruffato

 

La foto è tratta dal sito ariannaeditrice.it